giovedì 11 agosto 2011

La rosa purpurea del Cairo

La rosa purpurea del Cairo, di W. Allen, 84 min., colore - b/n, Stati Uniti 1985


A mio parere, e sono pronta ad essere contraddetta, l’essenziale di questo film sta nella domanda che si presenta ostinatamente: “Che cos'è la non vita?”. Ma di rimando bisognerebbe chiedersi: “Che cos’è la vita?”.
Vita e non vita giocano continuamente a rincorrersi tra i personaggi, che cercano e non trovano la fantomatica e leggendaria, per ciascuno diversa, Rosa purpurea del Cairo.
Possiamo cominciare da Cecilia.  La non vita potrebbe essere semplicemente la sua? D’altronde conduce un’esistenza insoddisfacente, con un marito che la picchia, usa i suoi soldi per giocare e dà noia alle ragazze. Cecilia riesce a stento a lavorare tra un piatto rotto ed una portata sbagliata. Non per niente lei è quella che ha sempre la testa fra le nuvole, che sogna una storia d’amore alla Ginger e Fred e si rifugia ogni giorno al cinema, anche da sola, anche per rivedere lo stesso film. Il cinema è la sua caverna, il suo rifugio dalla vita, dalla grande depressione che ha travolto l’America negli anni ’30 e che la libera paradossalmente dalla sua prigionia. Cecilia non fa altro che aspettare e sperare nella sua Rosa purpurea. Ma qui si può obiettare che la stessa Cecilia nel cinema stesso è piena di vita, più di qualsiasi altro personaggio del film. Qui trova quotidianamente un piccolo barlume di speranza. Qui incontra quello che spera essere l’amore vero.



Allora forse la non vita è quella di Monk, il marito senza spina dorsale di Cecilia, perdigiorno, maschilista, la cui unica ambizione giornaliera è spendere soldi, tradire la moglie e scommettere?
Anche se sarà lui a dire a Cecilia: “Va a vedere com’è il mondo!”. Che ne sa lei com’è fatto veramente?! Lui, invece, lo sa e fa la scelta di vita più comoda, parassitaria, ma sicuramente più leggera. Che abbia trovato la sua Rosa?
La non vita potrebbe essere quella di Tom Baxter, personaggio di un film in cui non vuole più stare e che non ama colei a cui è destinato da copione? Un personaggio della finzione che vorrebbe vivere nella realtà con soldi finti, senza documenti. Non per niente uscirà magicamente fuori dallo schermo per vedere com’è la realtà. Tom è l’unico che riesce a uscire fuori. Anche gli altri vorrebbe ma senza risultato. Ovviamente si tratta di un secondo richiamo del regista – sceneggiatore al mito della caverna socratica.
Ma Tom fa la sua scelta. Esce per amare Cecilia che vede sola nel buio della sala. Lui che vive un conflitto tra la vita del film e quella in cui si getta e sarà sempre lui a vedere sfumare i suoi sentimenti. Proprio per questo non è forse lui quello più vivo? Lui che ha la delusione più grande, che è costretto a ricordarsi cosa è veramente e ad accettarlo suo malgrado? Non è forse lui quello più vero, che rimane sempre fedele a se stesso e ai suoi ideali? Non per niente si offrirà di rompere i denti al marito di Cecilia se lui: "La batte di nuovo!". Il motivo è ovviamente che: "Mi dispiace. È scritto nel mio personaggio di farlo e io lo faccio". Infatti, si tratta di un sé e di ideali imposti da copione... ma i nostri, invece, quanto posso considerarsi non - imposti?
Tom, il personaggio archeologo – poeta che va alla ricerca della Rosa Purpurea del Cairo. Una ricerca che verrà abbandonata ben presto per l’invito di un weekend a New York. Ma quanti rincorrono la Rosa? 

A questo punto la non vita forse è quella di Gill Shepherd, attore che cerca di farsi strada tra le Stelle del Cinema, al suo primo ruolo importante che potrebbe fargli guadagnare la fama e aprirgli le porte alla vera Hollywood?
Non per niente è colui che fingerà e riuscirà a recitare anche nella cosiddetta realtà.
Ma a questo punto la realtà è semplicemente quella fuori dallo schermo? Ovviamente no.
E se la vera non vita fosse quella di Woody Allen, sceneggiatore e regista del film, in cui non compare? E se la sua presenza aleggiasse e volesse una risposta. Se avesse cominciato a sentire una scissione tra il suo sé nella realtà e la sua immagine visiva e non sapesse come rappresentarla?
Come se non bastasse c'è un fantasma minacciosa: il comunismo. Nella storia del film, quella proietta nel cinema Jewel, compare un personaggio, che sembra non avere niente a che fare con la trama e le vicende degli altri personaggi, ovvero il comunista. O meglio, colui che viene accusato di essere un rosso perché incita i compagni a uscire, a liberarsi come ha provocatoriamente fatto Tom Baxter. Bisogna ribellarsi allo star system. Non a caso anche il personaggio dell'Ambasciatore proporrà di passare dall'altro lato e verrà bloccato dal produttore del film.
In questo senso, anche Tom è una minaccia. Negli anni Trenta, il cinema serviva come "oppio per popoli", a non far pensare alla depressione economica, a far sognare la gente. Ma se il protagonista di un film, esce dal film, ha più senso quel sogno?


Infine, l'ultima domanda: "È meglio la realtà o la perfezione?" Scelgo l'uomo romantico, perfetto, che non mi tradirà mai  o quello della realtà e quindi della possibilità? Sicurezza o promessa che non verrà mantenuta?
Ed è mai possibile che la differenza tra vero e finzione stia tutto nella capacità di scegliere?
"Il più umano di tutti gli attributi è la capacità di scegliere"

Gabriella Galbiati

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