martedì 1 febbraio 2011

Lasciami entrare


 Lasciami entrare (Låt den rätte komma), di T. Alfredson, colore, 114 min., Svezia 2008.


Diretto dallo svedese Tomas Alfredson, il film Lasciami entrare è stato sceneggiato da John Ajvide Lindqvist, l'autore, svedese anch'egli, dell'omonimo romanzo edito nel 2004 a cui il film è ispirato.
Il percorso cinematografico sul tema della non morte ci ha visti interessati ad indagare il legame, spesso fortissimo, che esiste tra i film che trattano di vampiri, zombie e fantasmi e le zone oscure della società in cui viviamo - ciò che più volte abbiamo chiamato “rimosso” - rendendole visibili ed analizzabili. Lasciami entrare si pone di per sé in quest'ottica e si presta tranquillamente ad un'analisi di questo tipo. Il film rispetta infatti tutti i cliché del genere “vampiri” riassorbendoli però in una visione assolutamente originale che quasi impone un' interpretazione simbolica psicologica o sociale. Non è una variazione sul tema questa, ma una profondissima riflessione sui sentimenti, i rapporti umani e la società.

Si comincia in silenzio. Prima lo schermo è nero, poi cominciano a vedersi i primi fiocchi di neve. La neve ed il silenzio - quando non interrotto dalla bella musica di Johan Soderqvist - ci accompagneranno per tutta la durata del film e sarà difficile non caricarli di significato. I protagonisti sono Oskar ed Eli, due ragazzini poco meno che adolescenti. Alla porta affianco della casa dove vive Oskar con sua madre, si trasferisce Eli, con un uomo che capiremo non essere suo padre. Tra i due nasce un amicizia profonda, una complicità, un amore, probabilmente. Oskar è vittima a scuola di atti di bullismo e sogna di reagire tirando colpi ad un tronco con un temperino, Eli è un vampiro, l'uomo che vive con lei uccide per consentirle di mangiare. Quando ciò non gli riesce è la stessa Eli a procacciarsi il sangue di cui si nutre, attirando le persone col proprio aspetto di bambina indifesa e malnutrita, ed aggredendole.
La diversità dei due è solo in apparenza incolmabile e col procedere della storia ci rendiamo conto di come l'una sia funzionale all'altra, entrambe rispondenti ad una natura che non ammette scelte, va avanti istintivamente assecondando i propri bisogni assoluti, mai buoni o cattivi, ma neutri ed inevitabili come una nevicata.
La violenza scorre sotterranea nel contesto ordinato e civile in cui i ragazzini vivono, essa è la risposta ad una società sotto le apparenze sfilacciata, fatta di genitori distratti o alcolisti, di fratelli maggiori violenti, di un mondo adulto sfaccendato e fannullone. Ma non solo. C'è un momento in cui Oskar scopre la natura di Eli e ne è turbato, la accusa di ammazzare le persone. Lei gli ricorda allora che in fondo loro due sono fatti alla stessa maniera e che anche lui ammazzerebbe se ne avesse la possibilità. Lei invece è costretta ad uccidere. Viene fuori allora il meccanismo secondo il quale vittima e carnefice sono variabili di una stessa funzione e la violenza non è che un ulteriore aspetto della vita, una forza che la fa da padrona e che ne muove le fila. Del resto il fatto che tutti i protagonisti siano prossimi all'adolescenza li pone nella condizione in cui essa è probabilmente una prima risposta alla ricerca del sé tipica di quell'età.
Da quando conosce Eli, Oscar è più forte, sotto suo consiglio comincia a reagire alle provocazioni, colpisce a sua volta ferendo gravemente Conny, il ragazzo che dall'inizio del film lo perseguita chiamandolo “maialino” ed infliggendogli torture di ogni tipo. La reazione innesca una spirale violenta che culminerà con l'uccisione di Conny e dei suoi amici da parte di Eli. Ma Eli è un vampiro e la sua natura si divide tra la forza notturna e la totale vulnerabilità diurna. Sarà infatti Oscar a doverla salvare quando di giorno un concittadino insospettito e addolorato dalla perdita della moglie (che, aggredita e trasformata in vampiro, si è tolta la vita esponendosi al sole) decide di vederci chiaro e visitare la casa dove i nuovi vicini, il cui arrivo è coinciso con l'inizio delle aggressioni, vivono. L'uomo entra e percorre l'abitazione fino al bagno dove i fogli di giornale alle finestre impediscono al sole di entrare. La ragazza sta dormendo nella vasca, lui le scosta le coperte di dosso e lei appare in tutta la sua delicatezza. Per vedere meglio, l'uomo prova a scostare il giornale dalla finestra ed è allora che entra in azione Oscar impedendoglielo e dando il tempo ad Eli di difendersi.
I due protagonisti a questo punto devono andare via: l'ultima scena vede Oscar, seduto in treno, portare via Eli che capiamo trovarsi in una cassa su cui Oscar picchietta per comunicare con lei.
Laddove non esistono vincitori, laddove manca una crescita (Eli non compirà mai tredici anni a causa della sua condizione di vampiro, Oscar deciderà di seguirla e di proteggerla reiterando un copione i cui estremi sviluppi ci sono già stati anticipati dal film, tutti gli altri ragazzini moriranno) non esiste la felicità. Nemmeno i sentimenti sono in grado di suscitarla. L'amore piuttosto, letto in questa chiave, diventa negazione del sé invece che completamento.
L'uomo con cui Eli arriva, Håkan, inizialmente sembra essere suo padre, in un secondo momento capiamo trattarsi invece di un “servitore”, colui che le procura il sangue. Ma il rapporto tra i due non è avulso da un forte sentimento amoroso oramai agli sgoccioli: lui è stanco dell'esistenza, lei si affaccia ad un nuovo amore. Questa situazione si rende esplicita in più occasioni: nella gelosia di lui per il ragazzino della porta accanto, con cui Eli si intrattiene in lunghe chiacchierate in linguaggio Morse sulla parete che divide i loro appartamenti; nel gesto tenero di lei di accarezzargli il viso prima che esca a tentare di compiere l'ultimo omicidio, il fallimento del quale lo condurrà ad una fine tremenda. Nel modo in cui quest'ultimo gesto viene accolto si percepisce tutto l'amore che lega l'uomo alla bambina, diventata oramai unico motivo di vita e ci rende addirittura comprensibile gli ultimi estremi gesti di abnegazione di Håkan rivolti esclusivamente a lei. L'uomo ha dedicato l'intera vita ad Eli, ed ora, consumato dalla vita stessa, decide di togliersela dando a lei la possibilità di succhiargliela via. Anche in questo caso il rapporto si configura come quello di carnefice e vittima, il vampiro non ha bisogno solo del sangue ma di qualcuno che colmi il suo vuoto di potenza ed il rapporto che intreccia con colui che assolve a questo ruolo è, anche questo, contraddistinto da una vampirizzazione rivolta alla vita stessa. Che il rapporto con Oskar si evolverà in maniera simile può essere suggerito dal fatto che Håkan uccida le persone appendendole a testa in giù e poi scannandole come si fa con i maiali e che “Maialino” è il nomignolo dato ad Oskar dai suoi compagni di scuola, ciò che in qualche modo lo predestina ad Eli.
Con Oskar la relazione si struttura come una forma di dipendenza reciproca ed i due ragazzi si coalizzano per affrontare meglio il mondo che li circonda. Oskar ricerca però, sia pur in maniera infantile un contatto di natura differente, in altre occasioni riconosce il limite della propria intimità che Eli travalica con sensuosa innocenza. Lei sa che il rapporto tra i due non evolverà mai, usa il proprio corpo per ammaliare Oskar, come, qualcuno ha notato, un gatto farebbe strusciandosi per chiedere da mangiare. Ancora un gesto così consapevole e necessario da restare estraneo a qualunque giudizio di valore. Oskar sacrifica da subito il suo sentire pur di esserle vicino e questo è il primo, subdolo e al tempo stesso fortissimo, gesto che lo porterà a percorrere la strada che noi già immaginiamo dispiegarsi davanti a lui.
Il senso di ciclicità e di circolo vizioso che viene fuori è dato dalla compresenza delle due figure di Oskar ed Håkan in un gioco in cui l'uno suggerisce la primavera dell'altro e l'altro l'inverno del primo. Del resto il film inizia con un arrivo e finisce con una partenza che prelude all'arrivo in un luogo altro-medesimo.
Il film resta sospeso in un difficilissimo equilibrio tra estremi opposti e complementari. Qualunque interpretazione che tenda a farlo cadere da questo fil di rasoio viene puntualmente smentita. La bellezza delle immagini e delle musiche, la cura con cui è stato girato e montato, le mancanze che suggeriscono le presenze ne fanno a mio avviso un piccolo capolavoro.

R.

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